È una domanda che risuona nelle conversazioni quotidiane, sui social media e persino sui mezzi di comunicazione di massa. Tuttavia, la sua presenza continua mi lascia perplesso. Perché dovremmo limitarci a queste due opzioni? Perché non esplorare una terza via, una via che integri le nostre attività lavorative con la nostra vita in modo armonioso?
Le parole non sono solo mezzi di comunicazione; sono anche specchi delle nostre cornici mentali. Esaminiamo attentamente queste due affermazioni comuni. “Lavorare per vivere”: questo suggerisce una dipendenza totale dal lavoro per mantenere la nostra esistenza. “Vivere per lavorare”: qui, il lavoro diventa il fulcro della nostra esistenza, sacrificando tutto il resto sull’altare della produttività.
Ma dov’è l’umanità in tutto questo? Dove è la creatività, l’errore che insegna, lo spazio per la riflessione e il cambiamento? La terza via risiede nel rispetto della nostra sacralità come esseri viventi in un ambiente altrettanto sacro. In natura non esiste la scarsità; tutto è abbondanza. Eppure, la società moderna ci ha ipnotizzati, ci ha fatto correre come topolini in una ruota colorata, inseguendo false necessità.
Come possiamo liberarci da questa ipnosi e riappropriarci delle nostre vite? La risposta risiede nell’espandere la nostra consapevolezza. Ognuno di noi ha sfide personali da affrontare, ma solo lavorando sui nostri blocchi emotivi e mentali possiamo risuonare ad un livello superiore e trovare soluzioni che altrimenti rimarrebbero invisibili.
Immagina di scalare una montagna: dalla cima, il panorama è completamente diverso. Puoi vedere luoghi sconosciuti, terre lontane. È una metafora per avere una prospettiva diversa sulla nostra stessa vita.
Molti stanno intraprendendo questo viaggio di consapevolezza. Ti unirai a noi? La terza via è un invito a liberarci dalle catene della routine e della convenzione, a esplorare nuovi orizzonti e a vivere autenticamente. Siamo pronti a salire sulla montagna della consapevolezza. Ti unirai a noi?